“bere oltre le apparenze”
—Lo chiamavano Qirat,
ignorando il vero nome,
poiché era un’impresa tenerci
conversazione.
Pare vi fosse un modo
solamente per coinvolgerlo
in favelle e disquisire
allegramente: di fronte a un
calice di malto fermentato
diventava l’amicone
dell’ultimo arrivato.
In balìa di singhiozzi,
burle e risate, il Barone
di Lingualunga ne combinava
di stupidate: si tuffò nudo
nel fiume snocciolando
filastrocche, si mise a
cantare nel cuore della notte,
fece sgambetto all’oste di una
trattoria, mise il sale nel caffè
della zia. L’avreste mai detto
di uno così, con questa faccia
seria che dipinge Tarì—