Che… I.G.A.ta!

Caro Beerlovers che conosci tutto quello che c’è da sapere sul mondo della birra artigianale, è giunto il momento di ampliare i tuoi orizzonti aggiungendo una nuova passione al tuo palato: il vino. Non fare quella faccia. Se sei tra quelli che non rinuncia a una bella birra fresca neanche al pranzo di Natale, siamo orgogliosi di averti tra noi.

Birra Tarì Oncia su una botte in cantina

Eppure, passare dalla pinta al calice non significherebbe tradire il tuo vecchio amore.
Anzi, potresti selezionare i vitigni da assaggiare in base allo stile birrario che preferisci: se ti piacciono le Stout potresti ritrovare la stessa ricchezza in un rosso corposo come il Cabernet Sauvignon o il Merlot, mentre se ami le blanche potresti percepire note altrettanto fruttate in uno Chardonnay.

C’è però anche una seconda via per avvicinarti al vino e ha un gusto che ti piacerà: si chiama IGA, acronimo di Italian Grape Ale, e rappresenta uno stile birrario riconosciuto nel 2015 dal Beer Judge Certification Program, ente americano per la classificazione degli stili di birra.
Le Italian Grape Ale sono birre prodotte con l’aggiunta di mosto d’uva e anche se l’Italia non è l’unica nazione al mondo produttrice di questo stile è stata riconosciuta come punto di riferimento per questa tipologia.

Tra le nostre Tarì c’è una IGA: si chiama Oncia e celebra un connubio perfettamente riuscito tra il mondo della birra artigianale e l’universo enologico rappresentato dalla Cantina Ramaddini di Noto.

Se ti trovassi mai a consultare le linee guida del BJCP troveresti citato il nostro birrificio come produttore della Giacché, birra all’uva non più in commercio, prodotta in tempi non sospetti – correva l’anno 2011 – utilizzando un vitigno locale storico a grappolo rosso.
La nascita della Oncia, invece, è datata 2015, anno a cui risale la scoperta di Al Hamen, vino passito prodotto da uve Moscato di Noto dop dall’azienda vinicola Ramaddini.

Nel passaggio dalla Giacché alla Oncia abbiamo ottenuto un salto di qualità e il merito è di Carlo Scollo, uno dei due soci fondatori della cantina siciliana.
Le sue competenze e conoscenze hanno consentito un perfezionamento tecnico decisivo, che riguarda soprattutto il trasferimento di questa pregiata uva a bacca bianca, il Moscato di Noto, dalla vigna al birrificio.
Per evitare le fermentazioni spontanee dell’uva, il mosto appena prodotto viene istantaneamente abbattuto e poi condotto in birrificio. La distanza che percorre in termini di tempo è di circa un’ora; ma ciò che avviene in questo frangente è determinante per il risultato finale.
Rilevante è anche il periodo in cui ciò avviene, la prima quindicina di agosto, momento dell’anno in cui le temperature in Sicilia arrivano a toccare anche i 35°/40°. Il birrificio deve quindi essere pronto ad accogliere il mosto d’uva e a inserirlo all’interno del processo produttivo in modo da ottenerne il meglio.
Per mantenere intatte le proprietà organolettiche del mosto ed evitare possibili contaminazioni dovute alla presenza di lieviti e batteri, il mosto d’uva viene immesso durante l’utilizzo del whirlpool in sala cottura, 15 minuti prima del trasferimento nel silo a 20°.
Per la fermentazione entra in azione un lievito neutro ma molto vorace, capace di consumare il residuo zuccherino molto alto dato dalla somma degli zuccheri del malto d’orzo e di quelli del mosto d’uva.
Dopo circa tre settimane segue la rifermentazione in bottiglia per altre due settimane. La birra prodotta riposa in cella a 2° per almeno un mese prima di essere disponibile per la vendita.

Il risultato è un’ambrata doppio malto in cui le note fruttate regalate dalle uve Moscato e una leggera vinosità la rendono il perfetto accompagnamento a formaggi, salumi, carne rossa dal sapore deciso e arrosti.
Se poi sei solito saltare la frutta per passare al dessert potrai berci sopra la nostra fruit beer: prova l’accostamento con i dolci e il cioccolato di Modica, potrai esclamare “Che …IGAta!”

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